Onorevoli Colleghi! - L'obiettivo della presente proposta di legge è quello di istituire una zona franca nell'area portuale e retroportuale di Taranto. Le zone franche costituiscono uno strumento di fondamentale importanza per il rilancio economico di un punto produttivo strategico, anche per l'effetto trainante che esse determinano su vari settori. Le principali caratteristiche delle zone franche, localizzate in tutti i continenti, sono solitamente raggruppate in tre categorie.
      Nella prima categoria rientrano quegli istituti volti a favorire i consumi: si cerca in questo modo di migliorare le condizioni di vita di una determinata popolazione, nonché di incentivare i flussi turistici in quelle aree.
      Nella seconda categoria, invece, rientrano quegli istituti che mirano a incrementare lo sviluppo dei traffici e del commercio internazionale. A volte le zone franche svolgono le funzioni di transito e di spedizione delle merci, altre volte quella di sviluppo delle vendite e degli scambi commerciali con il resto del mondo.
      Nella terza categoria, infine, rientrano quegli istituti che mirano a favorire l'insediamento e la permeante localizzazione delle imprese in determinate zone: è questo un modo di incentivare lo sviluppo economico e commerciale di alcune zone.
      Dall'analisi comparata di questi istituti, documentata in numerosi studi, emerge un dato incontestabile: gli Stati che vi hanno ricorso, con un uso razionale e appropriato, ne hanno tratto vantaggi tanto economici quanto sociali.
      Il porto di Taranto, secondo porto nazionale per il volume di traffici movimentati, ha l'urgente necessità dell'istituzione di una zona franca (oltre alla necessità

 

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di nuovi interventi di potenziamento infrastrutturale), al fine di non compromettere la sua capacità di reggere la concorrenza della portualità mediterranea e nord-europea nonché di contribuire a garantire la crescita dell'economia regionale e nazionale.
      L'istituzione della zona franca nell'area portuale e retroportuale di Taranto si rende necessaria anche per dare impulso e nuova linfa alle attività ivi presenti, costituendo pertanto un formidabile strumento di propulsione per lo sviluppo socio-economico. Infatti la provincia di Taranto ha subìto un preoccupante processo di deindustrializzazione che sta creando disoccupazione e sta spingendo soprattutto i giovani a valutare occasioni di impiego fuori dalla regione Puglia. I requisiti di flessibilità d'uso che caratterizzano questo istituto giuridico ne fanno un mezzo idoneo per affrontare e per risolvere situazioni di crisi endemiche, tanto che l'uso di tale strumento è stato non solo ampiamente utilizzato, ma anche sottolineato e segnalato in ambito internazionale per rilanciare economicamente i piccoli e medi centri dediti all'attività mercantile e industriale. Inoltre l'istituzione di una zona franca esalta solitamente i flussi di merci in uscita, a tutto vantaggio della bilancia commerciale dell'intero Paese.
      Com'è noto con la locuzione «zona franca» sono indicati alcuni istituti di diritto doganale, caratterizzati dall'applicazione a un determinato ambito territoriale di un particolare regime di esenzione doganale, genericamente configurato come finzione giuridica di estraneità della porzione territoriale costituita in zona franca rispetto al territorio doganale dello Stato.
      La finzione di extraterritorialità non comporta, però, la reale esclusione dall'ordinamento doganale dello Stato del territorio franco, ma significa solo che quest'ultimo, sebbene di fatto situato entro il territorio doganale, agli effetti dell'imposizione tributaria è considerato fuori dalla linea doganale ordinaria, per essere assoggettato a un regime speciale che sostanzialmente consente di introdurre, depositare e, come in questo caso, manipolare, trasformare e consumare le merci estere nella zona franca in esenzione da tributi e da formalità doganali.
      La possibilità delle merci, di provenienza intercomunitaria, di transitare in una zona franca da diritti doganali o di confine verso aree di mercato extracomunitarie non è misconosciuta a livello europeo, specie quando la sua localizzazione non si appalesi come elemento di turbativa dei mercati interni, ma interagisca sul livello dei traffici mercantili internazionali favorendone altresì lo sviluppo.
      A tale proposito, la Comunità economica europea (CEE) aveva emanato, già nel 1969, la direttiva 69/75/CEE del Consiglio, del 4 marzo 1969, riguardante il regime delle zone franche, seguita dalla sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto, e dai regolamenti (CEE) n. 1999/85 del Consiglio, del 16 luglio 1985, sul perfezionamento attivo, n. 2503/88, sui depositi doganali, e n. 2504/88, sulle zone franche e sui depositi franchi, entrambi del Consiglio, del 25 luglio 1988, i quali prevedevano il riferimento non più all'articolo 100, ma all'articolo 113 del Trattato sulla politica commerciale comune, sancendo così, anche giuridicamente, che le zone e i depositi franchi contribuiscono alla promozione del commercio estero e in particolare alla redistribuzione delle merci all'interno come all'esterno della Comunità.
      Alle suddette normative comunitarie fecero poi seguito i regolamenti (CEE) n. 2561/90, sui depositi doganali, e n. 2562/90, sulle zone franche e sui depositi franchi, entrambi della Commissione, del 30 luglio 1990.
      Questo breve excursus sta a dimostrare l'interesse, già a partire dalla fine degli anni sessanta, della Comunità europea per quanto riguarda la possibilità di istituire zone e depositi franchi.
      Interesse confermato dalle nuove normative emanate dall' Unione europea che, abrogando le precedenti disposizioni, hanno provveduto a ridisciplinare la materia
 

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e delle quali si riportano, in sintesi, gli estremi:

          1) regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario;

          2) regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, che fissa talune disposizioni d'applicazione del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice doganale comunitario;

          3) direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto.

      L'esistenza di numerose zone franche nel territorio dell'Unione europea è dunque chiaramente giustificata dall'interesse obiettivo di tutta la Comunità alla costituzione di tali territori in regime di esenzione fiscale, considerato, tra l'altro, il fatto che il gettito fiscale complessivo dello Stato in cui è istituita una zona franca non diminuisce, avvantaggiandosi quest'ultimo delle entrate derivanti dalle nuove realtà produttive che nel frattempo sono state create.

 

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